Emanuele Ragnedda, il criminologo: «Annientato dalla droga e dal peso del successo»
Parla Giorgio Manzi: «Voleva affrancarsi dalla famiglia»
Sassari Non un mostro, ma un uomo in scacco. Eccessivo, fragile, strafatto di cocaina e col desiderio di affrancarsi da un destino scritto altrove. Per Giorgio Manzi, ex comandante del reparto analisi criminologica dei Carabinieri, l’omicidio di Cinzia Pinna è l’esplosione di un narcisismo chimico, di una vita vissuta al limite, dove ogni confine, morale, affettivo e sociale, si dissolve nella polvere bianca.
Un uomo cresciuto nell’ombra lunga del successo familiare, tra vigneti, ambizione e cocaina. Un delitto che non sembra premeditato, ma inevitabile dentro un vortice di narcisismo, dipendenza e autodistruzione. La polvere purtroppo acceca sempre. A volte è bianca, a volte è il senso di onnipotenza. Nel caso di Emanuele Ragnedda, sono entrambe.
Articolo completo nel giornale in edicola e nell'edizione digitale del 17 ottobre