La Nuova Sardegna

In Parlamento

Camera, ok al reato di femminicidio. Ma stop al ddl sul “consenso libero”

Camera, ok al reato di femminicidio. Ma stop al ddl sul “consenso libero”

Il sì alla proposta di legge del Governo nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne

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Roma Nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, dalle più alte istituzioni giunge un messaggio condiviso a tutela delle vittime e per un cambiamento culturale che possa porre fine al fenomeno. «In ogni ambito della vita sociale e privata, nelle case, nei luoghi di lavoro e negli spazi urbani, il principio della parità tarda ad affermarsi, limitando l’autonomia femminile, compromettendo la sicurezza delle donne, impoverendo il progresso della società», ammonisce il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sottolineando che «oggi assistiamo al dilagare di forme di violenza consentite dalla dimensione digitale, amplificate dalle dinamiche dei social network, con effetti tutt’altro che virtuali: umiliazioni, ricatti, coercizioni che portano, nei casi più gravi, ad aggressioni fisiche e femminicidi».

Per la premier Giorgia Meloni la violenza sulle donne «è un atto contro la libertà di tutti», mentre il presidente della Camera Lorenza Fontana invita a «rinnovare l’impegno nel contrasto». Il presidente del Senato Ignazio La Russa parla di «piaga che offende e impegna» l’aula di Palazzo Madama a dare lettura settimanale delle vittime di femminicidio in Italia, così come si fa per le vittime sul lavoro. Ma è proprio dal Parlamento che giungono segnali contrastanti sulla legislazione in materia di violenza di genere. Da una parte, la Camera approva all’unanimità il ddl del governo sull’introduzione del reato di Femminicidio, che diventa così legge. Dall’altra, si infiamma la polemica dopo la frenata della maggioranza al Senato sulla proposta di legge sul consenso libero e attuale in materia di violenza sessuale, frutto di un accordo tra la stessa premier Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein. Dopo l’approvazione all’unanimità alla Camera, i senatori di maggioranza – in primis quelli della Lega – sollevano dubbi e chiedono modifiche. E la proposta di legge rallenta. Alle opposizioni, che auspicavano per il 25 novembre un doppio segnale dalle Camere, resta «l’amarezza» e una dura protesta. Che anima per tutto il pomeriggio le assemblee di entrambi i rami del Parlamento. E in serata viene rinfocolata dalla leader Pd. Schlein sente al telefono Meloni e, parlando con i cronisti, richiama il patto tra le due leader che aveva portato all’approvazione unanime alla Camera. Patto mai smentito né confermato da Palazzo Chigi, e che non è mai stato celebrato dalla premier. Che evita di tornare sull’argomento. Mentre Schlein affonda. «Le ho chiesto di far rispettare gli accordi», racconta l’inquilina del Nazareno, e attacca: «Da forza responsabile di governo abbiamo votato la legge sul femminicidio, che pur non essendo perfetta è il raggiungimento di un compromesso, auspico che Meloni faccia rispettare l’accordo perché sarebbe grave se sulla pelle delle donne si facessero rese dei conti post elettorali all’interno della maggioranza». Una bordata, quella di Schlein, che segue un pomeriggio di dure contestazioni alla maggioranza da parte del centrosinistra. Tutto comincia in commissione Giustizia, dove lo stesso presidente La Russa auspica un passaggio rapido così da rendere possibile il voto finale in Aula entro la serata. Ma tra i banchi della Commissione, la macchina si inceppa. Comincia la Lega, con un intervento in cui chiede correzioni. «Sono puniti nella stessa maniera la mancanza di consenso e la violenza, abbiamo bisogno di un minimo di tempo per studiarlo», spiega la senatrice Erika Stefani. Alla richiesta di tempo per approfondire si accodano anche FdI e Forza Italia, che chiedono un ciclo di audizioni. Mentre emergono i dubbi in particolare sull’ultimo comma dell’articolo 609 bis del codice penale che viene modificato dalla proposta di legge e che riguarda la diminuzione della pena «in casi di minore gravità». «Solo un pretesto, hanno stracciato l’accordo Meloni-Schlein», accusano le opposizioni. Che, dopo una scambio di battute infuocate, abbandonano la Commissione per protesta. La tensione resta alta anche all’uscita dei senatori di maggioranza dalla Commissione, con un battibecco tra la senatrice del Pd Valeria Valente e il senatore di FdI Salvo Sallemi. E la battaglia continua anche in Aula dove i senatori dem interrompono più volte il capogruppo di FdI Lucio Malan, intento a difendere le ragioni di chi ha chiesto approfondimenti. In aula, però, spicca l’intervento della presidente della Commissione Giustizia Giulia Bongiorno. Che evidenzia le “piccole lacune” del testo. Ma assicura: «Questa legge sarà fatta, poco poco meglio, facendo delle piccole modifiche su un comma su cui si è discusso oggi. L’impegno è farla rapidamente, ma migliorarla un po’». Iv, Azione e M5S tendono la mano e ribadiscono la volontà di andare avanti con un lavoro condiviso. Mentre il Pd torna alla carica. «È un grave passo indietro, Meloni è stata smentita dalla sua stessa maggioranza», scandisce il capogruppo Francesco Boccia.

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