La Nuova Sardegna

Sassari

Enti e locali gratis: giungla da riordinare

di Luigi Soriga
Enti e locali gratis: giungla da riordinare

Il Comune farà chiarezza: ci sono associazioni che da 20 anni utilizzano spazi senza contratto e senza pagare le utenze

26 gennaio 2016
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SASSARI. Il piano delle valorizzazioni di Palazzo Ducale è lo specchio di decenni di gestione clientelare. Dare una sede a una associazione, talvolta poteva equivalere a mettere in cassaforte un centinaio di voti. Ci sono decine di enti che usufruiscono di locali pubblici da vent’anni, senza avere mai avuto un contratto. Ci sono locali ancora in uso ad associazioni che non esistono più, o che sono totalmente autoreferenziali e la loro rilevanza sociale è pari a zero. Ci sono case da 500 metri quadrati intestate ad ex sindaci, ormai passati a miglior vita, e ora abitate dai parenti.

Nuove regole. Dopo la recentissima approvazione del regolamento per la valorizzazione del patrimonio comunale, il Comune metterà ordine dentro questa anarchia. «Non lo faremo da un giorno all’altro – dice l’assessore Alessio Marras – non entreremo a gamba tesa e non andremo a cacciare la gente. Ma verificheremo subito le situazioni più anomale. Una fra tutte è quella della palazzina di via Sant’Anna».

Via Sant’anna. È una traversa di via Amendola che prosegue in via delle Conce. Sull’ingresso della palazzina si vede la targhetta del Polisoccorso sardo. L’associazione usufruisce di 488 mq e alla voce “situazione contrattuale” si legge: «No contratto, no scadenza”. Ma nello stesso edificio è ospite anche l’associazione corale Canepa, “comodato scaduto il 31-12-2004” per 700 mq. E poi ce ne sono altri 312 per l’associazione Banda Musicale Canepa, anche lei con comodato scaduto dal 2004. E per finire, sempre in via Sant’Anna, ci sono 544 mq intestati all’ex sindaco Raimondo Rizzu, che governò Sassari , una trentina di anni fa, dall’83 all’88. L’alloggio è senza contratto, l’inquilino nel frattempo è passato a miglior vita e ora ci abitano le zie. A che titolo?

«Stiamo parlando di spazi enormi affidati a poche associazioni – spiega l’assessore Marras – dobbiamo capire se ci sono degli sprechi. L’associazione Canepa utilizza complessivamente 1000 metri quadrati. Siamo sicuri che siano necessari? Per ottimizzare le risorse pubbliche disponibili, noi incentiveremo una gestione condominiale dei locali. Daremo la precedenza alle associazioni che si raggruppano e che si dividono l’utilizzo in fasce giornaliere o settimanali». Le utenze gratis. E questo è un primo punto fermo. Il secondo è che, d’ora in avanti, le utenze saranno a carico degli inquilini. Il Comune non può più permettersi di pagare luce e acqua ai privati. E abbiamo ereditato moltissime situazioni simili. Dove in uno stesso locale coabitano più associazioni, vista la difficoltà a mettersi d’accordo tra loro nel stimare i consumi, al 90% le utenze sono pagate da noi. Stesso problema per molte associazioni prive di qualsiasi contratto». Situazioni che è facilissimo ritrovare nell’elenco. Tipo: Colonia Campestre. Con associazioni senza contratto o con comodati scaduti (Centro studi musica Sarda, Acquamarina, Motori d’Epoca, Polifonica Santa Cecilia, Misericordia, Monteverdi), per le quali l’assessorato controllerà la regolarità delle utenze. O via Bottego, nell’ex centro servizi Latte Dolce, 3280 mq dove convivono Carabinieri in pensione, famiglie caduti e dispersi in guerra, marinai d’Italia, Circolo dell’anziano e altre 8 associazioni.

Valenza sociale e bilanci. Altra regola è quella dell’utilità sociale e dell’eventuale lucro delle associazioni. «Se un circolo fa mescita, se una fondazione fa formazione – spiega Alessio Marras – a quel punto non deve avere le stesse agevolazioni di chi fa solo volontariato. Chiederemo i bilanci e i rendiconti delle attività svolte. Gli intestatari dovranno essere in regola con il pagamento delle tasse. Chi opera nel campo assistenziale, dell’emarginazione, handicapp, terza età, avrà senz’altro la priorità di accesso. Dopodiché ci sono le associazioni in ambito ricreativo, culturale, aggregativo e ambientale: ma dovranno dimostrare la loro valenza sociale». La giungla clientelare. Mettere in pratica questa rivoluzione sarà tutt’altro che semplice, perché certi diritti acquisiti non si scardinano dall’oggi al domani. L’affidamento dei beni comunali ai privati non ha mai avuto regole: era l’amministratore di turno che segnalava un’associazione e la sponsorizzava. Dopodiché o si andava avanti con una delibera di giunta, o più spesso con un affidamento diretto, chiavi in mano. Se nessuna amministrazione finora ha messo mano a questa giungla, significa che è un’operazione molto azzardata sotto il profilo dei consensi. Dove tocchi rischi di scottarti. Non per nulla l’istinto alla autoconservazione politica suggeriva questa massima: mai rivedere il patrimonio comunale dopo la metà del mandato, perché gli elettori al momento del rinnovo ti gireranno le spalle. Ma è un lavoro che prima o poi andava fatto: «Questa deregulation – spiega l’assessore Alessio Marras – rischia di pesare sulle casse comunali dai 70 ai 100mia euro all’anno. Non ce lo possiamo permettere. Ho ereditato un faldone con decine e decine di richieste da parte di associazioni che non hanno mai ottenuto una sede, per mancanza di disponibilità. Sicuramente tra loro ce ne sono di meritevoli. Penso che trasparenza e pari opportunità siano doverose».

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