La Nuova Sardegna

Sassari

Infanticidio, in aula parla il padre della bimba morta

di Nadia Cossu
Infanticidio, in aula parla il padre della bimba morta

La piccola nata nel tugurio, sfilata di testi nel processo contro la mamma Il compagno: vidi Sara sporca di sangue ma non sapevamo della gravidanza

01 febbraio 2017
2 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Qualche contraddizione di troppo che per un attimo ha creato un po’ di scompiglio in aula.

Il processo nei confronti di Sara Gaspa, la trentenne di Santa Maria Coghinas che il 6 gennaio dell’anno scorso aveva visto nascere e poi morire la bimba di poco più di due chili che portava in grembo, ruota – tra gli altri – intorno a un interrogativo in particolare: la Gaspa sapeva di essere incinta? E il suo compagno? La donna (assistita dall’avvocato Maurizio Serra) ha sempre raccontato di non essersi accorta della gravidanza ma il sostituto procuratore Paolo Piras aveva chiesto da subito il giudizio immediato accusandola di “infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto”. Gli inquirenti fin dal primo momento hanno infatti sostenuto che sarebbero bastati un’ecografia e un parto cesareo per salvare la vita alla piccola.

«Vidi Sara uscire dal bagno tutta sporca» ha raccontato ieri il suo compagno, sentito come teste. Che però poi ha anche aggiunto: «Dissi: ecco è arrivato», frase che ha lasciato intendere che fosse a conoscenza dello stato di gravidanza della compagna. Equivoci, contraddizioni che hanno portato alla sospensione dell’esame.

Poi è toccato agli altri testimoni. Un’amica dell’imputata ha detto ai giudici di non essersi mai accorta che Sara fosse incinta. In aula anche una ginecologa del consultorio (che tempo fa aveva avuto in cura l’imputata per altri problemi di salute) e il medico rianimatore che arrivò a bordo di un elicottero a Santa Maria Coghinas. Lo specialista ha spiegato di non aver mai riscontrato segni di vita nella piccola, di aver comunque provato a rianimarla ma senza che le manovre avessero successo.

È stata poi sentita la dirigente dei Servizi sociali di Santa Maria Coghinas che teneva sotto osservazione quel nucleo familiare. La teste ha confermato che la situazione fosse complicata e ha anche detto di aver messo in guardia la coppia sulle conseguenze di una ipotetica gravidanza. Volendo intendere che sarebbe stato impossibile, in una condizione di degrado di quel tipo, mantenere dei figli.

Nella prima udienza del processo il medico legale Salvatore Lorenzoni si era soffermato, su richiesta precisa del pm Piras, sulla causa della morte del feto rimasto avvolto dal cordone ombelicale. L’obiettivo della Procura è infatti quello di stabilire se l’avvolgimento sia avvenuto all’interno dell’utero (e in questo caso si tratterebbe di una circostanza imprevedibile) oppure durante il parto (in tal caso si configurerebbe il reato di infanticidio perché la donna non si fece assistere durante i nove mesi di gravidanza e quindi nemmeno al momento del parto).

Il processo è stato aggiornato al 9 maggio quando sarà sentito il consulente tecnico della difesa e probabilmente anche l’imputata.

In Primo Piano
Trasporti

Aeroitalia, voli in overbooking: è polemica su call center e check-in online

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative