La Nuova Sardegna

Sport

Da un mare all’altro in una Gallura in festa

di Guido Piga
Da un mare all’altro in una Gallura in festa

Giornata speciale per i bambini e i ragazzi con le scuole chiuse l’emozione di una lunga fuga lungo i percorsi resi celebri dal rally

06 maggio 2017
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CANNIGIONE. Alcuni bambini, con la maglietta rosa, danzano sulla piazza; altri, poco più avanti, si fanno il bagno. I ragazzi dello yacht club escono in mare, volteggiano, si prendono gioco del maestrale. Niente scuola, oggi. A Cannigione, per il passaggio del Giro, è come per il rally anni fa: una festa, una festa di popolo. Negozi addobbati di rosa, stand del Comune per promuovere le coste di Arzachena belle e uniche e “mi raccomando, parletene bene”, barbecue per arrostire salsicce. E l’attesa, la tanta attesa. Ciò che - nel ciclismo come nel rally - è più che mai essa stessa piacere. Perché il passaggio dei ciclisti è un attimo: pochi secondi, e la carovana colorata, chiassosa, con i raggi delle ruote che tagliano l’aria, sparisce lasciandosi dietro silenzio, vuoto, quel filo di nostalgia che accompagna sempre la fine di un evento.

«Hanno fatto un’ottima scelta, quelli del Giro» dicono a Cannigione un po’ tutti, in tavolini in cui a dominare la discussione non è il ciclismo, ma la politica. Arzachena va al voto per le comunali, fra una settimana andranno presentate le liste, si discute delle riunioni della notte prima fatte dalle tre liste. Niente divisioni: tutti concordano che è un bello spot, questo. Che è qualcosa di antico, di emozionante. «Come lu rally illi medd’anni» riassume uno. Come quando qui passavano le macchine da rally e poi si tuffavano, a volte letteralmente, nel mare tra l’Isuledda e le saline. Come ai tempi di Toivonen. Oggi, tocca al ciclismo. Meno rumore, meno adrenalina, ma grande piacere sì.

«Dove sono?» è la domanda che comincia a essere più frequente a partire dalle 14, due ore prima dell’annunciato passaggio dei ciclisti. «Manca ancora un po’» rispondono quelli che sono davanti alla tv e che commentano così, «che belle immagini, che bella la Gallura», ogni inquadratura da Trinità d’Agultu (pronunciata male dai telecronisti della Rai, e giù critiche) a Santa Teresa a Palau. Poi i due elicotteri in arrivo fanno salire l’attesa, aumentano le pulsazioni. Uno segue il gruppo di cinque fuggitivi, l’altro il grosso della carovana. I primi sfrecciano, il mare di Cannigione davanti, le barche a vela che salutano, applausi; neanche due minuti dopo, il plotone, e le scene si ripetono uguali.

«Vediamo se questi cinque reggono a San Pantaleo» è la domanda di molti. Pochi chilometri e, lasciati i campi fertili di Cannigione, gli allevamenti di mucche belli floridi, i corridori si trovano proprio sui tornati che portano al borgo, in uno strappo forte, immerso fra le sughere, in cui i chilometri si fanno sentire sulle gambe e non c’è il piacere di guardare il mare dall’alto, la Costa Smeralda, uno spettacolo che cambia a ogni curva, e sapessero che peccato non poterlo provare.

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