La Nuova Sardegna

«A Orgosolo felice tra i pastori»

«A Orgosolo felice tra i pastori»

Marina Abramovic ha ricordato a Londra il suo viaggio giovanile in Barbagia

21 marzo 2017
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SASSARI. «Sono stati i miei anni più belli, e fra tutti l’esperienza a Orgosolo tra i pastori» così Marina Abramovic ha ricordato ieri al Tg2 i suoi anni «poveri ma felici» in Italia al giornalista che l’intervistava all’Istituto di cultura italiana di Londra in occasione della presentazione del libro“Little Ones”, con le fotografie di Alessia Bulgari un volume i cui ricavati aiuteranno i bambini e le loro madri in difficoltà nel mondo.

L’esperienza sarda della “Nonna dell’arte della performance” come si definisce Marina Abramovic, risale alla metà degli anni Settanta, periodo in cui lo sperduto (per l’epoca) paese della Barbagia attraeva artisti di tutto il mondo. Da ricordare sicuramente quella dell’Odin Teatret danese di Eugenio Barba, che arriva a San Sperate e a Orgosolo nel ’74 su invito di un grande pioniere del teatro di avanguardia: Pierfranco Zappareddu. L’obiettivo è il teatro antropologico, la relazione tra gli uomini attraverso l’arte saltando le convenzioni e le barriere culturali e di classe. La comunità di pastori, nota alle cronache per il banditismo, ma anche per la sua forte connotazione identitaria, era già stata studiata da tanti antropologici e documentata da film e fotografi. Zappareddu la ricordava, appena prima della sua prematura scomparsa, con queste parole: «Nacque il baratto, lo scambio di doni culturali, danza per danza, canto per canto».

Stessi ricordi che Marina Abramovic confessò al noto fotografo nuorese Sebastian Piras, durante un reportage nel suo studio di New York, quando scoprì che la famiglia di Piras era originaria di Orgosolo. «Fu uno scambio meraviglioso, noi proponevamo la nostra arte e loro ci ricambiavano con il loro cibo, salsiccia, formaggio e pane – raccontò l’artista montenegrina a Piras –. Ci insegnarono a fare il formaggio, e quella esperienza di metamorfosi del latte bianco mi ha sempre affascinato e ispirato, ho sempre desiderato trarne una performance che non ho mai realizzato». Di questa esperienza della, ancora sconosciuta, artista non resta traccia. Anche Lorenzo Giusti, direttore del Man, ne ha cercato qualche testimonianza per il suo museo senza successo. (p.c.)

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