La Nuova Sardegna

Scalzi “in nomine ’e deus”

di Claudio Zoccheddu
Scalzi “in nomine ’e deus”

Cabras, domani all’alba si rinnova l’antico rito in onore di San Salvatore

01 settembre 2017
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CABRAS. Una processione di fede a piedi nudi, una corsa che arriva dal passato, una tradizione che si rinnova di anno in anno. La corsa degli scalzi di San Salvatore è un crogiuolo di sentimenti, colori e rituali che si mescolano in una manifestazione religiosa unica nel suo genere. La corsa degli scalzi è prima di tutto una processione che racconta l’attaccamento dei “curridoris” al Santo Salvatore, che trasportano da Cabras all’omonimo villaggio e viceversa affrontando sette chilometri di asfalto e sterrato senza la protezione delle scarpe. Sospesi tra le fatiche degli scalzi ci sono i due giorni di festa che accendono il Sinis e colorano le campagne del bianco della veste che copre chi corre per sciogliere il voto fatto al Salvatore. Sudore, sangue e dolore sono le conseguenze di un sacrificio che ogni scalzo prepara nel corso dell’anno e che arriva a compimento solo la domenica sera, quando San Salvatore ritorna a Cabras, al festa si prepara al tramonto e contemporaneamente inizia il conto alla rovescia per la prossima edizione.

PREPARATIVI. Questi sono stati i giorni della preparazione perché, anche se la festa di San Salvatore è una tradizione secolare dal canovaccio ormai scolpito tra le abitudini dei cabraresi, ogni anno l’avvicinamento al grande giorno è scandito dagli appuntamenti che preparano i fedeli ai giorni della preghiera e delle processioni di corsa, quest’anno domani e domenica. Mentre a San Salvatore si recitano i versi della novena attorno all’antica chiesa campestre, a Cabras i priori riuniscono i gruppi dei corridori per ricordare tutte le regole non scritte che governano la corsa. Per portare in strada 800 scalzi serve un’organizzazione capace di mettere in fila i gruppi di corridori che si alterneranno nel trasporto del simulacro. Cinque alla volta per tratti di strada di circa centro metri l’uno e ogni anno in un punto diverso del tragitto individuato da una rotazione normata dai priori e dalla sorte, perché l’onore di accompagnare il santo nei primi e negli ultimi tratti di corsa viene deciso da un’estrazione che conclude l’evocativa riunione del venerdì sera.

LE ORIGINI. È uno degli argomenti più dibattuti e sono diverse le interpretazioni di un evento che, secondo la tradizione orale, dovrebbe risalire al 1506. Secondo alcuni gli scalzi corrono per ricordare l’impresa eroica di un gruppo di giovani che, incurante di un’incursione dei pirati saraceni, si era lanciato in una corsa disparata a piedi nei sentieri che conducevano a San Salvatore di Sinis con l'obiettivo di sottrarre il simulacro del Santo, custodito nella chiesetta del villaggio, dalle grinfie degli infedeli. Il racconto sottolinea un particolare che aggiunge fascino alla storia: i giovani cabraresi durante la corsa avrebbero trascinato sullo sterrato rami e fogliame per sollevare un polverone che li avrebbe fatti passare agli occhi delle avanguardie moresche come un’armata in marcia. Un espediente che colse nel segno al punto di scoraggiare l’incursione. C’è poi un’altra versione che racconta di come in realtà furono le donne a trasportare il santo al sicuro mentre gli uomini combattevano i pirati. E infatti, uno dei momenti più affascinati della festa di San Salvatore di Sinis è proprio la processione delle donne, scalze e in costume tradizionale, che il venerdì che apre la novena _ quest’anno il 25 agosto _ e il lunedì dopo il ritorno in paese degli uomini, accompagnano Santu Srabadoeddu dal villaggio alla chiesa di Santa Maria. Sono proprio le donne a chiudere le celebrazioni di una festa il cui significato è spiegato dalle poche parole che il parroco pronuncia all’inizio della corsa degli scalzi: “Currei in nomine ‘e deus”.



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