La Nuova Sardegna

Alessia Desogus, donna d'oro in Spagna

di Silvia Sanna
Alessia Desogus, donna d'oro in Spagna

Cantante, attrice e regista, la sassarese Desogus ha inseguito un sogno partendo dai teatri della sua città e frequentando la scuola di Philipe Gaulier a Parigi: ma il successo è arrivato in Andalusia

09 giugno 2018
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SASSARI. Quando parla con quella cadenza dolce e un po’ aspirata capisci cosa intende per “accento Tirrenia”, mix perfetto di due vite, una in Sardegna e l’altra in Andalusia. E quando ride, con quella risata calda e aperta, la immagini sul palco mentre rovescia la testa all’indietro, i capelli scuri che ondeggiano, gli occhi che brillano. E parlano. Perché è questa la forza di Alessia, i suoi occhi, il suo viso, il suo sguardo che ti scava nel profondo. Il pubblico la adora, a Granada ma non solo Alessia è una star del teatro e del canto.

Specializzata in melodramma, insegna e collabora con musicisti di tutta Europa. Ma nessuno provi a chiederle l’età: perché sul palco Alessia può essere bambina, adolescente o donna matura, come “Le donne d’oro” del suo ultimo spettacolo. Alessia Desogus è un bruco diventato farfalla. Che dalla Sardegna ha spiccato il volo perché voleva riuscire a essere felice. A Sassari, nella sua prima vita, Alessia Desogus studiava, lavorava e recitava: la scuola di teatro con la compagnia La Botte e il Cilindro di Pierpaolo Conconi, l’esperienza del cabaret con Pino & gli Anticorpi.

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La sua strada era già segnata ma lei ci girava intorno. Il bruco non era ancora pronto a volare. Poi arrivano gli studi con Emmanuel Gallot Lavallée: la strada all’improvviso si allarga, si illumina. Alessia Desogus capisce che è arrivato il momento di fare il salto. Va a Ibiza, perché vuole crescere e imparare: «In valigia metto tanto coraggio, un po’ di azzardo e senso dell’umorismo». È questo che le salva la vita quando si ritrova per strada a fare teatro, in una città sconosciuta, in una lingua sconosciuta. Racconta: «In spagnolo si dice te buscas la vida, ti guadagni da vivere. Studiavo il clown nella Bont international Clown school e lavoravo in strada, facevo improvvisazione e animazione. E siccome non sapevo parlare allora cantavo, insieme a un chitarrista parigino e a un percussionista basco. Con il mio canto ho creato uno strano linguaggio e alla gente piaceva. Ho girato mezza Spagna cantando in strada con un gruppo di trampolieri, ho lavorato tantissimo sull’improvvisazione. È stato bellissimo, esaltante e a tratti durissimo. Il mio senso dell’umorismo è stato il salvavita nei momenti più difficili, una risata e si guarda avanti, guai voltarsi».


Alessia cammina spedita in una strada sempre più larga e arricchisce i suoi studi a Parigi: un anno con il guru del teatro mondiale Philipe Gaulier, un diploma che impreziosisce il curriculum e scaccia via gli ultimi dubbi. La strada è quella, il sogno è a un passo. «Qualcuno mi ha notata mentre mi esibivo per strada. Ho ricevuto le prime proposte e ho iniziato a esibirmi nei locali». Alessia Desogus incontra anche l’amore e per lui si trasferisce a Granada, quattrocentomila anime in Andalusia. La sua nuova casa, la sua seconda vita.

«La svolta è arrivata quando non dovevo più convincere nessuno, ho iniziato a vedere i frutti del mio lavoro, della gavetta. Ora lavoro stabilmente in teatro, faccio jazz, bolero, tango e cabaret. Sono attrice e regista, ma anche insegnante nell’Escuela internacional de Circo e teatro, e collaboro con diverse formazioni musicali di swing e jazz». La gente la riconosce per strada, Alessia fa il pienone a teatro. La consacrazione con lo spettacolo “Casi en blanco y negro” diventato disco e presentato al festival jazz di Granada: un progetto musicale ispirato agli antichi caffè Chantants di Parigi.

Alessia è la chanteuse, la cantante della Belle Epoque. Lo spettacolo la riporta a Sassari (teatro Civico, ottobre 2017) e la lancia anche a Madrid, la meta finale del sogno ancora da conquistare. La base resta Granada, dove Alessia porta in scena “Le donne d’oro”: è un concerto su canzoni e donne del cinema, canzoni diventate cult proprio grazie a donne straordinarie. E la Sardegna? «È nel mio cuore, mi piacerebbe poterci lavorare di più. I sardi mi mancano, perché sono talentuosi, hanno un grande senso artistico ma spesso non si rendono conto delle loro capacità. Questa è la mia malinconia, la mia Sardegna ancora bruco che può e deve diventare farfalla».


 

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