La Nuova Sardegna

«Giganti, quei soldi scippati dallo Stato»

di Pietro Marongiu
«Giganti, quei soldi scippati dallo Stato»

La ricompensa che spettava a Battista Meli, il contadino che ha scoperto le statue di Mont’e Prama, è svanita nel nulla

02 ottobre 2019
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CABRAS. Quando, alla fine degli anni Sessanta, aravano i terreni della Confraternita del Rosario, dove sono state trovate le statue e gli altri importanti reperti rinvenuti a Mont ‘e Prama, ed ora esposti nel Museo civico cabrarese, Battista Meli e Peppino Piras non immaginavano minimamente che quei pezzi di arenaria, emersi dalla terra aperta dal vomero dei loro trattori, avessero un valore immenso sul piano storico ed archeologico. «Ogni tanto trovavamo una mano, un piede o altri frammenti – dice Battista Meli –. Ma quelle pietre per noi erano soltanto da togliere, perché intralciavano l’aratura. E così facevamo: le mettevamo sulla linea di confine del terreno e, cosa strana, dopo poco tempo sparivano. Però non ne capivamo il valore e lasciavamo perdere». La storia di Mont ‘e Prama inizia almeno tre anni prima rispetto alla datazione ufficiale, 1974. Allora i contadini che lavoravano quei terreni, coltivandoli a grano, orzo, bietole e altri cereali, poco o nulla sapevano del popolo che in quell’area si era stabilito, aveva vissuto, combattuto e qualcuno di essi vi era morto.

Forse, come scrive lo storico Francesco Cesare Casula nel suo libro “I Giganti di Mont ‘e Prama nella storia”, per difendere la terra dalle incursioni dei mercanti Fenici, arrivati dal mare e insediatisi nella penisola del Sinis. E per ricordare il sacrificio di quegli eroi venivano realizzate statue celebrative: i Giganti. Con il ritrovamento del busto pressoché intatto di uno di essi, Battista Meli e Peppino Piras, senza saperlo, avevano fatto una scoperta sensazionale, forse epocale. Quel busto venne fatto vedere a Peppetto Pau, studioso oristanese e archeologo dilettante, nonché profondo conoscitore di storia sarda, che capì immediatamente di trovarsi in presenza di un reperto archeologico di assoluta importanza. Pau ne parlò con l’archeologo Giovanni Lilliu e quest’ultimo fece avviare la prima campagna di scavi nel sito che restituì migliaia di frammenti di statue e molto altro. Il valore economico della scoperta era stimato in circa 700 milioni di lire, a Meli e Piras dissero che spettava loro il dieci per cento di quell’importo. «Una fortuna per noi, tant’è che a quella notizia abbiamo festeggiato. Con quei soldi, ci dicemmo, acquistiamo l’attrezzatura nuova e forse anche nuovi trattori. E per chiedere quello che sembrava un nostro diritto, demmo l’incarico a un avvocato del foro di Oristano di scrivere una lettera alla soprintendenza. Era il 1974 o 1975 - dice Meli -. L’avvocato ci chiese 10 mila lire. Una cifra ragguardevole per noi che in quel periodo guadagnavamo circa 3 mila lire a giornata lavorativa. Di quella lettera si sono perse le tracce, e la soprintendenza non ci ha mai risposto”. Perse le tracce della lettera, i due, hanno perso anche le speranze di avere i soldi previsti per chi rinviene reperti archeologici utili ad arricchire il patrimonio culturale e storico del Paese. Dell’indennizzo paventato oggi Meli oggi parla con ironia.

«Gli eventi andarono proprio in quel modo - conclude -. A contattare Peppetto Pau furono due nostri compaesani che avevano portato il reperto in paese. Ma il ritrovamento, come sanno tutti i cabraresi, l’ho fatto io. Peppino Piras, con il quale eravamo in società, quel giorno arava nella parte superiore del terreno mentre io ero in quella sottostante, dove ho trovato la statua. Se avessi avuto allora le conoscenze che posseggo oggi, quella lettera alla soprintendenza l’avrei inviata io. E con la ricevuta di ritorno!»,

Su Mont ‘e Prama e quello che ancora potrebbe custodire nel suo grembo, si continuerà a parlare. I riflettori non si spegneranno finché le anomalie rivelate dal georadar non saranno state verificate.

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