Ravioli di arselle e bottarga, il sapore di mare dentro la sfoglia
Matteo Melis giovane chef oristanese con un passato tra Costa Smeralda e Alto Adige reinterpreta un classico della tradizione marina sarda con tecnica e visione contemporanea
Le une, nella varietà autoctona e più pregiata perché raccolte a mano una per una, possono superare anche i 30 euro al chilo. L’altra, invece, nel 2022 ha raggiunto quotazioni fino a 600 euro al chilo ed è chiamata non a caso l’Oro di Cabras. Arselle e bottarga sono il connubio perfetto per portare in tavola il mitile simbolo degli specchi d’acqua dell’Oristanese, e che insieme al caviale dello stagno di Cabras diventa un primo piatto imprescindibile e identitario, soprattutto in tempo di estate.
«Sono due sapori forti che si completano a vicenda e avvolgono il gusto di questo piatto facendolo diventare iconico. Ormai, in realtà, è internazionale, originariamente tipico del napoletano e preparato rigorosamente con lo spaghetto, proprio perché a Napoli nacquero i pastifici e il primo formato prodotto fu quella pasta lunga – racconta lo chef Matteo Melis –. A Oristano è importante e identitaria la varietà di mitile, da non confondere con la vongola. L’arsella ha una forma riconoscibile e unica, la sua polpa è molto più saporita delle altre cugine». Da Cirras fino Arborea e Marceddì, in dialetto si chiama cocciula o cocciua, e può essere pintada (bianca e nera), niedda – che è anche quella dal sapore più pregiato e saporito –, la variante bianca e quella lada, che sono le meno pregiate, riconoscibili per via delle valve tonde e rugose. Per comporre un piatto a regola d’arte bisogna seguire qualche accorgimento semplice, ma determinante per esaltarne il gusto, che lo chef è pronto a condividere. Matteo Melis è di Oristano e ha 35 anni, almeno 20 dei quali passati tra la Costa Smeralda e l’Alto Adige. Dell’arte della cucina ne ha fatto una professione itinerante e dopo aver collaborato con molti locali di lusso in Sardegna, oggi maneggia sapori e fornelli in delle cucina più prestigiose della zona, quella dello chef Roberto Serra e del ristorante Su Carduleu di Abbasanta.
«Per preparare la linea di questo piatto, le arselle si mettono a bagno in acqua salata e al buio dal giorno prima, per farle finire di spurgare ed eliminare quelle morte. Dopo di che si passa alla padella: un cucchiaio di olio, due spicchi d’aglio e al massimo qualche gambo di prezzemolo per dare sapore. Si sfuma rigorosamente con la vernaccia, si mette il coperchio e si aspetta che si aprano, ma poi vanno tolte subito dal fuoco, per evitare che continuino a cucinare e si secchino. Resta il succo, che va aggiustato di sale con l’acqua naturale. E ci siamo, pronti a buttare la pasta».
Lo chef consiglia lo spaghetto numero 5 «perché permette poi di creare meglio la cremina con l’aiuto della bottarga, che ci va grattugiata ovviamente, in maniera tale da aiutare la formazione dell’emulsione. Se si fa la fregola, invece, mai mettere la bottarga perché non amalgama bene». A parte le varianti in voga attualmente nelle cucine, dove c’è di chi mette l’olio piccante o usa la scorza di limone per togliere il salato, il sapore tradizionale dello spaghetto simbolo di Oristano è replicabile con alternative ideate ad hoc dalla maestria di chi regna in cucina: «La mia proposta è quella di un raviolo – racconta Matteo Melis –. Si parte dal ripieno, una sorta di maionese ottenuta da una emulsione di arselle crude, olio di semi e succo di limone. La pasta va poi mantecata con la bottarga e il risultato finale è quello di ritrovare quella sensazione del gusto classico stravolgendo la vista e modernizzando il piatto».