La Nuova Sardegna

Nuoro

Il reparto di Pneumologia aperto solo alle emergenze

di Kety Sanna
Il reparto di Pneumologia aperto solo alle emergenze

Visite saltate e diagnosi rinviate: pazienti “abbandonati” sul piede di guerra «In un servizio già carente di medici ora temiamo liste d’attesa infinite»

11 maggio 2020
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NUORO. Il reparto di Pneumologia dell’ex sanatorio di Nuoro “boccheggia”. Alla carenza di personale denunciata a più riprese negli ultimi anni, si è aggiunta l’emergenza sanitaria che ha portato al trasferimento di una parte dei medici (cinque su 8 in organico ndr) nell’area Covid temporanea del San Francesco, decretando, di fatto, la chiusura del reparto. O meglio, come ha sempre sottolineato la direzione dell’Assl 3 nell’evidenziare la mancata conversione di tutte le Unità operative, in funzione della pandemia: «La Pneumologia seppur con soli tre medici, è riuscita a garantire il servizio». Nel secondo padiglione, all’interno del parco alberato, di eucalipti e pini, da oltre due mesi i tre specialisti rimasti a turnare, riescono a garantire le cure solo ai pazienti tubercolari che non è stato possibile dimettere. Per tutte le altre patologie l’attività si è fermata, a scapito di una lunga lista di malati , Sla e distrofici, che non sono stati più presi in carico, oltre ai tanti che non è stato possibile titolare.

«Capiamo che i medici del reparto, rimasti in tre a fare turni pesantissimi, anche di 12 ore, non riescano a seguirci, ma visti i numeri dei contagi che si sono registrati nella nostra provincia, fortunatamente limitati, che senso ha continuare a concentrarsi sul Covid lasciando noi malati con altre patologie senza le cure e i controlli di cui abbiamo bisogno?».

I pazienti si sentono lasciati allo sbaraglio. «È vero – aggiungono i malati – magari la nostra patologia è ancora allo stadio intermedio ma necessita, a maggior ragione, di visite periodiche che in questa fase, però, non ci sono state garantite».

La lista dei pazienti è lunga: in alcuni casi si tratta di persone colpite da patologie neuromuscolari, che occorrerebbe gestite per evitare vadano precocemente in insufficienza respiratoria. Ad alcune di queste non è stato possibile accertare la diagnosi; ad altre, adattare la ventilazione o seguirle con la cadenza che la loro patologia necessita. Tra queste, per esempio, ci sono soggetti con disturbi respiratori del sonno, che non è stato possibile certificare. Ancora, le sospette fibrosi polmonari in fase di accertamento e, di conseguenza, mai seguite clinicamente; le sospette neoplasie polmonari, saltate in questa fase perché nel reparto non si potevano effettuare esami strumentali per arrivare a una diagnosi.

L’elenco non ha fine. E se già prima che scoppiasse il coronavirus, la Pneumologia si trovava in difficoltà per carenza di personale, ora è proprio la routine ad essere saltata. In questi due mesi, lì sono stati gestiti solo i pazienti tubercolari e quelli con insufficienza respiratoria grave, perciò non dimissibili, oltre le cosiddette emergenze, secondo quanto indicato nelle direttive ministeriali e regionali. «E adesso cosa succederà? – chiedono preoccupati i pazienti in perenne aspettativa –. Le visite al Cup sono bloccate, così come le spirometrie e i test allergologici. Una volta che ritorneremo alla normalità chissà quando sarà il nostro turno». Il timore è che con la ripresa del lavoro dell’Unità operativa il problema delle liste d’attesa diventi cronico. A questo, si somma la carenza di medici (sono 8 anziché 12 ndr), che costringerà i turnanti a orari massacranti nel tentativo di riuscire a dare una risposta adeguata all’utenza.

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