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Morte di Marco Mameli, il racconto della barista: «Era felice. Poi lo spray al peperoncino, la rissa e l’omicidio»

Morte di Marco Mameli, il racconto della barista: «Era felice. Poi lo spray al peperoncino, la rissa e l’omicidio»

La donna ripercorre gli ultimi momenti di vita del 22enne di Ilbono, ucciso a Bari Sardo

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Bari Sardo In una mattinata di settembre, ancora particolarmente calda, per le strade di Bari Sardo si vedono poche persone. Ancora qualche turista, nel centralissimo Corso Vittorio Emanuele a pochi passi dal municipio e da via Santa Cecilia dove il primo marzo scorso si è consumata la tragedia. La notizia dell’arresto del presunto omicida di Marco Mameli è accolta con un sospiro di sollievo anche nel piccolo centro, “luogo neutro” in cui si è consumata la drammatica vicenda. «Il paese era estraneo ai fatti – ha detto il titolare del locale La dolce vita –. Non ho mai pensato che il concetto di omertà fosse riferito a tutta la comunità, bensì a quel gruppo di persone che hanno assistito all’omicidio del ragazzo e non avrebbe collaborato».

Per Bari Sardo quelli di carnevale dovevano essere giorni gioiosi e di festa collettiva, invece si sono trasformati nel peggiore dei modi. «Anche noi ci siamo sentiti feriti da un’azione così efferata – ha aggiunto il barista –. Dopo Loceri abbiamo anche noi accolto l’appello della famiglia del giovane che ha organizzato una manifestazione per sensibilizzare e smuovere le coscienze di tutti. Forse saremmo dovuti essere tra i primi perché la morte di un giovane di 22 anni è stato un lutto per tutti non solo per la famiglia. Ricordo bene Marco Mameli quel giorno. È passato qui da noi con gli amici ed era felice». In via Santa Cecilia è aperto il bar dove avrebbe avuto inizio la tragica storia del primo marzo. All’angolo una stradina dove è stato colpito a morte il giovane operaio di Ilbono. Sul davanzale, protetti da un’inferriata, i tanti messaggi lasciati per il ragazzo ucciso durante l’ultima manifestazione. Sassi colorati con frasi a lui dedicate, qualche lumicino e una lettera degli amici “veri” di Marcolino che quella sera non erano lì a fargli da scudo. Tra le righe gli chiedono scusa per non avergli potuto stingere la mano mentre si accasciava a terra; per non avergli potuto asciugare le lacrime che scorrevano sul suo volto prima dell’ultimo respiro.

Nel locale della piazzetta, la barista di origine albanese ricorda bene la sera. «C’era tanta gente – dice – si aspettava un temporale da un momento all’altro e il locale era pieno. Ricordo il ragazzo che poi è stato ucciso, era con alcuni amici e aveva pagato delle consumazioni. Ad un certo punto qualcuno ha usato dello spray al peperoncino e all’improvviso tutti sono usciti in strada. Mi ero ritrovata da sola mentre da fuori arrivava un vociare festoso. Forse mezz’ora dopo, la notizia dell’omicidio. In quel momento tutto si è fermato». Il particolare dello spray orticante raccontato dalla barista è riportato tra le righe dell’ordinanza del Gip del tribunale di Lanusei, Nicoletta Serra, con la quale è stata disposta la misure cautelare in carcere per Paolo Migali. Negli atti sono racchiusi gli ultimi momenti di vita della vittima, raccolti nelle dichiarazioni dei testimoni e nelle immagini delle telecamere che riprendono Migali e alcuni amici, travestiti da conigli e gladiatori, entrare nel locale. Si racconta del litigio iniziato all’interno del bar tra l’indagato e Andrea Contu. I due che si rivolgono parole pesanti a distanza di qualche metro, mentre gli altri del gruppo cercano di sedarne gli animi. Migali viene portato all’esterno mentre Contu rimane dentro ma si sporge sull’uscio. È allora che il presunto omicida per paura di essere aggredito tira fuori dalla tasca qualcosa e spruzza il getto verso Contu. La storia prosegue fuori con i gruppi che rimangono a discutere. In un primo momento sembra che la situazione si sia calmata, poi dalle immagini l’improvvisa ripresa, fino alla bestiale aggressione. (k.s.)
 

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