La Nuova Sardegna

Nuoro

Geco rinuncia al ricorso e non impugna il sequestro

di Michela Cuccu
Geco rinuncia al ricorso e non impugna il sequestro

Ripensamento dell’azienda che gestisce lo stabilimento di Magomadas Due settimane fa i sigilli agli impianti per il trattamento dei fanghi

31 luglio 2020
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MAGOMADAS. Rimane sotto sequestro giudiziario, l’impianto per il trattamento dei reflui da depurazione. La Geco, proprietaria dello stabilimento, con un clamoroso ripensamento ha deciso di rinunciare al ricorso al giudice del riesame, al quale, si era rivolta dopo che la procura della Repubblica di Oristano aveva messo i sigilli all’impianto. Impossibile conoscere i motivi di una decisione sicuramente valutata dall’azienda che non ha rilasciato nessun commento. Lo stesso avvocato Danilo Mattana, che difende Leonardo Galleri, il legale rappresentante dell’azienda che in Planargia ha realizzato e gestisce l’impianto al centro di pesanti contestazioni da parte dei cittadini della zona, che temono che l’impianto, oltre ai disagi per gli odori, possa provocare danni ambientali se non addirittura, rischi per la salute, non ha voluto commentare. La vicenda è nota. Da tempo gli abitanti di Magomadas, Tresnuraghes, Tinnura e Flussio, sollecitavano la chiusura dell’impianto, tanto da essersi spinti sino a presentare diversi esposti in Procura, mentre il Comune di Magomadas presentava diffide a Provincia e autorità sanitarie e il Comitato per la Malvasia si appellava al Tar senza però riuscire ad ottenere l'annullamento della determina provinciale che, nel 2018, aveva dato il via libera all’attività della Geco. Il sequestro dell’impianto ha avuto come conseguenza inevitabile quella dell’iscrizione nel registro degli indagati di Leonardo Galleri il legale rappresentante dell’azienda che opera in Planargia, ma che ha dei collegamenti imprenditoriali importanti con la Puglia, regione da cui proviene la gran parte dei fanghi che vengono poi lavorati a Magomadas e che sprigionano quell’odore insopportabile che da oltre un anno tormenta i residenti dei paesi lì attorno. Proprio l’odore, meglio definirlo puzza o miasma, è oggetto di contestazione da parte della procura oristanese che coordina l’inchiesta affidata al Nucleo investigativo provinciale del Corpo forestale. L’emissione di vapori e odori pericolosi si accompagna a quella più generica di reato ambientale, commesso perché l’intera attività avverrebbe senza le autorizzazioni necessarie per il tipo di lavoro che vi viene svolto. È per questo motivo che il pubblico ministero Marco De Crescenzo, in coordinamento col procuratore Ezio Domenico Basso, aveva presentato alla giudice per le indagini preliminari la richiesta di sequestro dell’impianto. Esaminati gli atti, la giudice Annie Cecile Pinello aveva ordinato l’apposizione dei sigilli e così, poco più di due settimane fa, gli agenti del Corpo forestale si sono presentati nello stabilimento ad apporre quei sigilli che, almeno per il momento, restano.

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