La Nuova Sardegna

Olbia

L’inchiesta

Giallo di Portisco, accertamenti sul lavoro “in nero”

Giallo di Portisco, accertamenti sul lavoro “in nero”

Nessun indagato per la morte di Giovanni Marchionni, skipper di 21 anni, a bordo di uno yacht

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Olbia Dalla Campania si leva alto un coro di rabbia e indignazione: i morti sul lavoro non sono tutti uguali e il giallo di Portisco è già diventato un caso nazionale. Pesano come macigni le parole dei familiari di Giovanni Marchionni, skipper 21enne morto la notte tra il 7 e l’8 agosto a bordo del lussuoso motoscafo d’alto mare del cantiere nautico Fiart ormeggiato al molo 7 della Marina di Portisco. E pesano soprattutto quelle di Josi Gerardo Della Ragione, sindaco di Bacoli, il paese natale del giovane skipper. Tutti rivendicano chiarezza e verità sulla fine del ragazzo imbarcato per lavoro sullo yacht durante una crociera da vip in Sardegna.

Sulla morte di Giovanni Marchionni indaga la Procura di Tempio, ma finora neppure l’autopsia ha chiarito le cause del decesso. Arresto cardiocircolatorio, ma resta il dubbio cruciale se lo skipper è morto per un malore oppure per le esalazioni di gas da una batteria o da uno degli apparecchi di bordo. Non è un dettaglio, così come non lo è accertare se – come sostengono familiari e conoscenti di Marchionni – il giovane skipper lavorava a bordo (magari “ in nero”) oppure era un semplice passeggero amico di famiglia, come affermato “a caldo” al momento della scoperta del corpo senza vita nella cabina dello yacht.

Nel frattempo, il sostituto procuratore Milena Aucone ha disposto altri esami per accertare le cause della morte, mentre nel registro degli indagati continua a non esserci iscritto nessuno. Non certo Annalaura di Luggo, manager e consigliere delegato del cantiere Fiart Mare. È lei l’armatore e costruttore del motoscafo (il cantiere Fiart, uno dei più importanti d’Italia, appartiene da sempre alla famiglia di Luggo) in vacanza nelle coste della Sardegna.

Mentre l’inchiesta della Procura di Tempio avanza lentamente e con molta prudenza, Bacoli in Campania ribolle di rabbia e indignazione. Lì nessuno crede alla tesi del malore e tanto meno alla “vacanza in Costa Smeralda” del povero Giovanni Marchionni sulla barca degli amici di famiglia. Nel paese tutti si conoscono e non hanno dubbi sul rapporto di lavoro che legava il giovane skipper, fresco di patente nautica, e il lussuoso motoscafo Fiart – probabilmente il nuovo modello 52 appena varato dal cantiere. Del resto, tutti vivono e lavorano a Bacoli – la famiglia Marchionni, il cantiere nautico Fiart Mare – e non ci possono essere segreti. Una questione di principio, insomma, al punto che in Campania sono in corso accertamenti per stabilire che tipo di rapporto di lavoro c’era tra il giovane skipper e l’armatrice dello yacht. Tutto ancora da accertare, da verificare, da scoprire.

Questa incertezza spiega il moto di protesta, guidato dalla famiglia e dal sindaco, esploso il giorno di Ferragosto, in occasione dei funerali di Giovanni. Alla cerimonia erano presenti familiari, amici, conoscenti e semplici concittadini, almeno un migliaio di persone. Non era presente l’armatrice dello yacht (che oggi inaugurerà una mostra d’arte a Torino) e nessuno della famiglia di Luggo. Non un telegramma, né un gesto di partecipazione o di commozione. Nulla di nulla. Eppure dovevano essere amici di famiglia. Insomma, il giallo di Portisco resta irrisolto. In Procura e in tribunale seguono le indagini gli avvocati Maurizio Capozzo e Gabriele Satta che assistono la famiglia Marchionni, e gli avvocati Giampaolo Murrighile e Sebastiano Giaquinto, che assistono invece la donna proprietaria della barca, non indagata.

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