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La storia

Simona Deiana, madre dei due dispersi di Capo Figari: «Non abbandonatemi, il mio cuore ancora spera» – L’intervista completa

di Tiziana Simula
Simona Deiana, madre dei due dispersi di Capo Figari: «Non abbandonatemi, il mio cuore ancora spera» – L’intervista completa

I figli Giuseppe e Lorenzo sono scomparsi in mare durante una battuta di pesca la mattina del 19 aprile 2025

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Olbia Quattro mesi e mezzo di silenzio e dolore. Di speranze sgretolate dal tempo. Ma il cuore di una mamma non può arrendersi. E ancora una volta grida con tutta la forza che ha la sua richiesta di aiuto. «Vi prego, ritornate in mare. Ritrovate i miei figli adorati. Aiutatemi», dice Simona Deiana, 49 anni, madre di Giuseppe e Lorenzo, i due fratelli olbiesi di 24 e 20 anni usciti con la loro barca di 4 metri per una battuta di pesca all’alba della vigilia di Pasqua e mai più ritornati a casa. Quel maledetto 19 aprile doveva essere come tutte le altre volte: una mattinata di pesca a calamari, poi, il rientro a casa nel pomeriggio dalle loro famiglie. Ma così non è stato.

Simona lei sapeva che quella mattina Giuseppe e Lorenzo dovevano andare a pescare? «Assolutamente sì, noi ci sentivamo ogni giorno. Giuseppe conviveva con la sua compagna e ha un bambino piccolo che ora ha dieci mesi. Anche Lorenzo conviveva con la sua fidanzata. Avevo contatti con loro tutti i giorni. Sapevo che sarebbero usciti in barca, erano soliti farlo, andavano spesso a pescare calamari nella zona di Capo Figari».

Quando avete cominciato a preoccuparvi per il loro ritardo?

«Di solito io, Lorenzo, Giuseppe e Alessandro, l’altro mio figlio, ci mandiamo il buongiorno su whatsApp tutte le mattine, appena ci svegliamo. Quella mattina io gli ho mandato il buongiorno alle 9 e due minuti, e non mi hanno risposto. “Risponderanno appena potranno”, mi sono detta, e non li ho chiamati per non disturbarli perché sapevo che stavano pescando. Ma non hanno mai risposto a quel messaggio. Verso le 4 del pomeriggio li ho chiamati: il cellulare di Giuseppe faceva due squilli e, poi, cadeva la linea. Quello di Lorenzo era spento. Uscivo continuamente da casa e mi affacciavo nel cortile per vedere se c’era la macchina di Lorenzo, che abita vicino a me, e capire se erano rientrati. Ho continuato a chiamare Giuseppe. Poi gli ho mandato un messaggio “Tutto ok?” gli ho scritto. Nessuna risposta. L’ho chiamato ancora, fino alle 18,30, 19. Poi, verso le 19.15 mi ha chiamato la fidanzata di Lorenzo dicendomi che non erano rientrati, e che aveva dato l’allarme alla Capitaneria di porto»

Lei ha idea di cosa possa essere successo?

«Non lo so, loro sono cresciuti in mare. Andavano a pescare con il padre da quando erano bambini. Conoscevano bene quella zona. Mi sembra strano che abbiano avuto problemi. Ma, evidentemente, qualcosa di grave che gli ha impedito di tornare a casa, è successo. Non escludo l’ipotesi di una collisione».

Oggi chiede che riprendano le ricerche.

«Dopo 4 mesi e mezzo non ho ancora nessuna risposta. Non so niente di loro. Un silenzio tombale. Tutti ci hanno aiutato, è vero, soprattutto nelle prime giornate, ma non è stato sufficiente. Ora l’area di ricerca dove potrebbero essere naufragati, è stata circoscritta. E quello che oggi chiedo è che Capitaneria di porto, Marina militare e chi ha le competenze, ritorni in mare concentrando le ricerche in quel tratto con l’utilizzo di strumentazioni idonee per poter scendere in profondità. Chiedo allo Stato di farsi carico di questo: è l’ultima chance che ho per avere le risposte che aspetto. Per sapere qualcosa sui miei ragazzi. Vi prego non abbandonatemi». Ritiene che le ricerche effettuate non siano state sufficienti?

«No, non sono state sufficienti, questo è ciò che mi sento di dire. Io ringrazio di cuore tutti per ciò che è stato fatto, ma forse si poteva fare di più impiegando la strumentazione adatta. Ora chiedo disperatamente un ultimo sforzo per recuperare i miei figli. Così almeno avrò la certezza che sono morti, perché il mio cuore ancora spera».

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