La Nuova Sardegna

Oristano

Truffa ai religiosi, i beni degli indagati restano sotto sequestro

Truffa ai religiosi, i beni degli indagati restano sotto sequestro

ORISTANO. Il giudice del riesame, Elisa Marras, si è riservata di decidere sull'istanza di dissequestro dei conti correnti e di alcune polizze di pegno di tre dei componenti della presunta banda di...

07 novembre 2020
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ORISTANO. Il giudice del riesame, Elisa Marras, si è riservata di decidere sull'istanza di dissequestro dei conti correnti e di alcune polizze di pegno di tre dei componenti della presunta banda di falsi restauratori che avrebbero truffato un centinaio tra parroci e suore. L’istanza era stata presentata dall’avvocato Simone Prevete che difende alcuni degli indagati. Secondo il legale, infatti, i suoi assistiti sono titolari di un autosalone, dunque, non sarebbe possibile accertare se quelle somme siano o meno di provenienza illecita. Inoltre, le polizze di pegno, sono debiti, dunque non possono essere considerati dei beni. Il sequestro era avvenuto alla fine di ottobre, al termine di una lunga inchiesta aperta nel 2017 dalla Procura di Oristano e condotta dai carabinieri del Nucleo di tutela del patrimonio culturale di Cagliari e dai militari della Compagnia di Oristano. L’inchiesta, denominata "Res Ecclesiae" era partita a seguito di segnalazioni e denunce presentate da alcuni parroci. I sacerdoti, venivano contattati dai componenti della banda, tutti cittadini italiani di etnia rom, che esibendo false documentazioni, si proponevano per restaurare opere d'arte sacra, compresi candelabri d'argento e oggetti d’oro. Allettati dalla possibilità di un notevole risparmio (le tariffe dei falsi restauratori erano infatti decisamente più basse di quelle praticate dai laboratori convenzionati con le curie, accettavano. La sorpresa, amara, però, arrivava al termine dei lavori. Per riottenere indietro gli oggetti restaurati, i falsi artigiani avrebbero preteso somme decisamente molto più alte di quelle pattuite. Somme che, secondo quanto accertato dall'inchiesta, coordinata dal procuratore della Repubblica di Oristano, Ezio Domenico Basso, sarebbero state addirittura estorte con il ricatto di rivelare al vescovo di competenza, in quanto ogni attività di restauro deve essere preventivamente autorizzata. (m.c.)

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