La Nuova Sardegna

Sassari

Una bottega di dialogo e aggregazione

Una bottega di dialogo e aggregazione

L’osilese Giovanni Piu: per anni abile calzolaio ma anche punto di riferimento per i compaesani

17 marzo 2013
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OSILO. La calzoleria come crocevia di storie di vita, di racconti seri e di pettegolezzi, di chiacchiere più o meno impegnate sulla politica, sullo sport, sulla musica. E sulle donne. Un luogo in cui confluivano le storie di paese, e da cui si irradiavano le informazioni e, più spesso, le indiscrezioni, quando le notizie volavano “di bocca in bocca”. Ma un luogo anche di incontro, di socialità, di scambio fecondo e di crescita.

Tanto più quanto il “maestro di cerimonie” aveva una sua particolarissima abilità ed un suo modo istrionico nel condurre le danze. Tale era di sicuro Giovanni Piu, personalità esuberante, dotata di naturale simpatia, la battuta sempre pronta.

«Il mio laboratorio – ricorda il calzolaio – era diventato una sorta di centro di aggregazione, dove prima o poi passavano tutti, e dove molti giovani si sono affacciati per la prima volta all’impegno sociale e alla politica».

Perché da Giovanni Piu non si facevano solo scarpe, si giocava a dama, si ascoltava “musica impegnata” – De Andrè, Guccini, Bob Dylan, Jimi Hendrix – si leggevano i giornali. E si elaboravano strategie politiche (Piu è sempre stato un militante della sinistra osilese, poi impegnato nella Pro loco – di cui è stato anche presidente – e nell’Avis).

Ma la sua vocazione vera era quella del cuoio e della lesina, delle mezze suole e dei tacchi. Figlio d’arte nel senso più vero, Giovanni Piu, classe 1949, è nato, si può dire, fra le scarpe. Il nonno paterno aveva una grande calzoleria a Sassari, alla Frumentaria, con 22 operai. E calzolai si fecero anche il padre e lo zio, il famoso “Jeannot”, che suonò con Fred Buscaglione. “Come tutti i ragazzini di calzoleria, a quei tempi – ricorda Giovanni Piu – ho iniziato raddrizzando chiodi, perché allora non si buttava via neppure una «semenza»”. E poi, dopo una vita passata sempre fra scarpe e pellame, nel ’74 Giovanni si sposa a Osilo e si trasferisce in paese, dove poco dopo apre la sua calzoleria.

E lì inizia la sua carriera vera di “ciabattino”, come dice spesso scherzando. «Perché purtroppo – ricorda – già a quei tempi le scarpe non si facevano più in calzoleria, per cui il lavoro era soprattutto quello di riparare o sostituire tacchi, suole e salva suole, cuciture in genere».

Una frustrazione per un artigiano che aveva maturato una straordinaria abilità nella manipolazione del pellame, e che sarebbe stato in grado di realizzare scarpe di alta qualità. «Però fuori mercato – precisa Giovanni Piu – perché un paio di scarpe che fatte a mano potevano costare fai anche 300mila lire, nei negozi le trovavi a 30mila».

Ma questo non impedì al calzolaio di Osilo di portare avanti la sua attività per un paio di decenni, ricavandone, oltre che soddisfazioni economiche – «con quel lavoro – ricorda Giovanni Piu, ho campato la famiglia» – unanimi riconoscimenti per la sua abilità e il suo perfezionismo: “Non sembrano toccate a mano”, gli dicevano quando restituendo un paio di scarpe riparate quelle sembravano appena uscite di fabbrica.

Poi, come molti accessori della vita moderna, le scarpe iniziarono a non si ripararsi, perché era più facile e più economico acquistarne un paio nuovo, per cui Giovanni Piu – oggi ormai in pensione - fa la scelta di un posto fisso alla forestale.

Ma la sua vocazione e la sua passione vera, il calzolaio osilese non l’ha mai persa, tanto è vero che Giovanni Piu ha sempre riaperto il suo laboratorio in occasione delle “Artes antigas”, ed ancora oggi conserva tutti gli attrezzi e tutti i macchinari, ed è sempre disponibile quando un familiare o un amico gli chiede di dare una ritoccata alle sue scarpe.(m.b.)

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