La Nuova Sardegna

Sassari

«Io e Zdenka dovevamo sposarci»

Nadia Cossu
«Io e Zdenka dovevamo sposarci»

In aula Francesco Fadda, accusato di aver ucciso la compagna: «Ci amavamo. Su di me solo bugie»

28 settembre 2021
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SASSARI. «Io e Zdenka avevamo intenzione di sposarci, di comprare una casa tutta nostra. Di fare una vita normale. Perché eravamo innamorati...».

Francesco Baingio Douglas Fadda parla ancora davanti alla corte d’assise presieduta da Massimo Zaniboni (a latere Gian Paolo Piana) e, rispondendo alle domande del suo avvocato difensore Lorenzo Galisai, ripercorre sia la storia con la 41enne di origine ceca, Zdenka Krejcikova – cominciata nel 1999 e proseguita tra alti e bassi per ventuno anni – sia i drammatici momenti che hanno preceduto e seguito la morte della donna, il 15 febbraio del 2020.

Ed è proprio lui, Fadda, l’uomo accusato di averla ammazzata con un coltello in un bar di Sorso davanti alle figlie di lei, due gemelle di 11 anni. E di averla poi abbandonata in fin di vita a casa di un amico, a Ossi, per poi darsi alla fuga in auto portando con sè le gemelle prima di essere arrestato la mattina successiva dai carabinieri di Sassari.

In carcere per omicidio, resistenza, sequestro di persona, tortura (per aver fatto assistere le bambine all’uccisione della propria madre) e lesioni gravi – questi i pesanti reati contestati dal pubblico ministero Paolo Piras – il 45enne continua a proclamarsi innocente e a raccontare la stessa versione: «Non ho ammazzato Zdenka, si è ferita da sola con quella lama che aveva in mano, è scivolata davanti al bancone del bar. Solo dopo ho preso il coltello da terra e l’ho piegato in due per evitare che qualcun altro potesse farsi del male. Temevo per la bambina che Zdenka aveva in braccio».

Tono dimesso rispetto alle altre volte, Douglas Fadda ha parlato per quasi due ore: «Lei quel giorno si era arrabbiata molto con me perché mi aveva visto far uso di cocaina mentre le avevo promesso che avrei smesso. Ma non era facile, ci stavo provando. Si è messa a urlare, me ne ha detto di tutti i colori. L’ho accompagnata a casa a Sorso e ho preparato le valigie con l’intenzione di andarmene. Sono uscito per farla calmare un po’ e poi sono tornato. Le ho proposto di andare al mare a Marritza a fare una passeggiata con le bambine e lei ha risposto di sì. Siamo usciti di casa, lei davanti a me con la gemella disabile in braccio, io dietro tenevo per mano la sorellina. Ho chiuso il portone e all’improvviso l’ho vista girare a destra ed entrare nel bar, non capivo perché. Poi ho intravisto quella lama nella sua mano. Non sapevo cosa pensare, l’ho seguita, lei a quel punto è scivolata davanti al bancone, le ho strappato la bambina dalle braccia mentre stava cadendo. Ho sentito un dolore al polpaccio, volevamo raggiungere entrambi questo coltello e non mi sono accorto di come abbia potuto ferirsi...». Ma c’è un testimone che ha visto altro. E che in aula ha raccontato che era Fadda a impugnare il coltello: «Ha detto bugie – la replica dell’imputato – per lui e la solita combriccola di quel locale io ero un nemico. Perché se Zdenka fosse rimasta con me non sarebbe tornata con il suo ex che loro conoscevano bene. E poi mi ritenevano responsabile di un furto che c’era stato poco tempo prima nel locale». Quindi il racconto dei momenti drammatici fino all’arrivo a Ossi e all’arresto la mattina del 16. «Non stavo scappando. Mi sono fermato nel parcheggio del McDonald’s all’Auchan perché era un posto che le bambine conoscevano bene, ci andavamo spesso, volevo evitare loro ulteriori traumi. E ho aspettato». Qui l’intervento del pm Piras: «Quindi avrebbero tutti deposto il falso contro di lei, complottando la sua condanna all’ergastolo? Per quale motivo?». Risposta: «Per un’antipatia immotivata nei miei confronti da parte di qualche carabiniere e perché quel testimone del bar, l’unico che dice di avermi visto col coltello in mano, ce l’aveva da tempo con me». Udienza rinviata al 2 novembre per i testi della difesa.

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