La Nuova Sardegna

Sassari

L’intervista

Carabinieri, il colonnello Pricchiazzi lascia Sassari: «L’emozione più bella a Latte Dolce»

di Davide Pinna
Carabinieri, il colonnello Pricchiazzi lascia Sassari: «L’emozione più bella a Latte Dolce»

Lunedì prenderà servizio il successore. «Sull’omicidio di Buddusò e sull’attentato incendiario di Viddalba indagini complesse»

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Sassari Dall’emozione vissuta quando la festa dell’Arma è stata celebrata a Latte Dolce fino alla passione per la Dinamo, passando per il racconto di delitti e indagini che hanno acceso l’attenzione dell’opinione pubblica, anche di recente, come nel caso dell’omicidio di Buddusò e dell’incendio dei pannelli fotovoltaici di Viddalba o il ritrovamento del cadavere del 45enne sassarese William Manca, mercoledì scorso nelle campagne della Nurra. Dopo tre anni, il colonnello Massimiliano Pricchiazzi, comandante provinciale dei carabinieri lascia Sassari in direzione Roma, dove assumerà un incarico al comando generale dell’Arma. Al suo posto prenderà servizio lunedì il colonnello Antonio Maione.

Colonnello, qual è il bilancio di questi tre anni?

«Estremamente positivo e formativo dal punto di vista professionale, oltre che edificante sul piano emotivo. L’incarico di comandante provinciale è uno degli incarichi più belli, se non il più bello, che possa capitare a un ufficiale dell’Arma. E farlo a Sassari è ancora meglio. Anche perché è la provincia più grande d’Italia e quindi è variegata, con esigenze diverse a seconda delle porzioni di territorio: dalla Riviera del Corallo alla Gallura, dal Meilogu al Goceano. Faccio i migliori auguri al colonnello Maione e alla sua famiglia, perché possano trovare qui tutti gli stimoli che la Sardegna e Sassari sono in grado di dare e che io ho avuto la fortuna di ricevere»

Qual è stata l’esperienza più bella?

«L’accoglienza del quartiere di Latte Dolce quando abbiamo celebrato lì la nostra festa, nel 2024. È stato un momento di comunione e abbraccio ideale e reale tra le comunità, fra il centro e la periferia. Dentro comunità con tante sfaccettature bisogna approcciarsi con questo sistema, creando una rete e abbattendo inutili confini e separazioni».

Dalla periferia al centro storico. In questi tre anni cosa è cambiato nel cuore di Sassari?

«Parliamo di una porzione di territorio esteticamente e architettonicamente molto bella, sicuramente da valorizzare per dare giusto merito a questa bellezza. Si trova indubbiamente in una situazione che ha necessità di interventi costanti e sinergici da parte di vari attori. E quindi, non soltanto le forze di polizia – che devono occuparsi del mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica – ma anche tutti gli altri, nel coinvolgere le comunità locali, anche quando provengono da altri Paesi. Con un’azione ben concertata, possiamo dare il giusto lustro a quella porzione di città, evitando di creare separazioni».

Nelle ultime settimane e giorni, alcuni fatti di cronaca hanno destato particolare emozione nell’opinione pubblica. Partirei dall’assassinio di Marco Pusceddu a Buddusò, a che punto sono le indagini?

«In casi come questo sono necessarie attività investigative molto serrate e approfondite, anche perché bisogna ricostruire a ritroso l’accaduto. Ancora più complesso se, come in questo caso, la vittima arrivava da un altro territorio».

I carabinieri stanno indagando anche sull’attentato incendiario che ha distrutto migliaia di pannelli fotovoltaici a Viddalba.

«In questo caso sono necessarie riflessioni molto attente e molto profonde, perché bisogna cercare di capire subito l’esatta portata. E quindi comprendere se si tratta di un attacco contro il concetto generale di impianto fotovoltaico, legato a campagne contro questo tipo di alterazione ambientale, o di altre questioni. Ecco, c’è bisogno ancora di fare ulteriori accertamenti per sciogliere questo nodo».

Che insegnamento le lasciano questi tre anni nell’isola?

«L’importanza e la necessità di difendere le proprie tradizioni e origini, non sotto il profilo folcloristico ma sotto quello dell’identità territoriale, avendo però anche la maturità intellettuale e culturale di aprirsi al confronto».

Fra le passioni nate in questi anni, anche quella per la Dinamo.

«Trent’anni fa, quando ero con mio padre a Caserta, andavamo a vedere la Phonola, che in quegli anni vinse lo scudetto. Speravo potesse accadere lo stesso con la Dinamo in questi tre anni, purtroppo no. Ma dato che la mia famiglia resterà qui e tornerò al palazzetto, magari questo sarà l’anno giusto».

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