La Nuova Sardegna

Sassari

Crisi idrica

Acqua non potabile, ecco perché succede in Sardegna: parla l’esperto Gavino Sanna

di Mario Bonu
Acqua non potabile, ecco perché succede in Sardegna: parla l’esperto Gavino Sanna

I consigli del docente di Chimica all’Università di Sassari: «Fatela bollire e usate le caraffe filtranti»

2 MINUTI DI LETTURA





Osilo Acqua non potabile dal 7 ottobre e il principale invaso del territorio, il Bidighinzu, ridotto a una pozza di fango. Sui problemi dell’approvvigionamento idrico di Osilo, interviene l’osilese Gavino Sanna, professore associato di Chimica analitica all’Università di Sassari. E ne fa un paradigma della situazione di tutta l’isola, i cui problemi deriverebbero dalla scelta di privilegiare le acque superficiali rispetto a quelle sotterranee.

«In Sardegna la qualità della risorsa idrica destinata ad usi umani è significativamente peggiore rispetto alla media nazionale. Infatti, ben il 78% dei volumi di acque sarde soggette a potabilizzazione è di origine superficiale (quasi sempre da bacini artificiali), mentre nel resto d’Italia l’85% del fabbisogno idrico è soddisfatto da sorgenti o da acque sotterranee» spiega l’esperto.

Questo comporta conseguenze significative per gli utenti finali, perché «rispetto all’elevata qualità delle acque sotterranee – prosegue Nello Sanna -, le acque superficiali sono soggette a maggiori fonti di inquinamento sia di origine naturale che umana. Inoltre, le peculiarità negative dei bacini sardi (generalmente non interconnessi, poco profondi, soggetti ad elevate temperature estive, e caratterizzati da un irregolare apporto fluviale) sono ulteriormente amplificate dai bassi coefficienti di riempimento dei bacini, creando così i presupposti per un ulteriore scadimento delle caratteristiche dell’acqua messa a disposizione dell’Ente Gestore per la potabilizzazione e per la successiva distribuzione».

È proprio quello che è successo al Bidighinzu, e che rende l’acqua che arriva a Osilo non potabile. In quanto, conferma il docente di Chimica analitica, «la disinfezione di acque grezze pesantemente inquinante necessita l’uso di elevati quantitativi di ossidanti chimici. Sfortunatamente, le reazioni chimiche tra ossidanti e specie inquinanti presenti nell’acqua grezza comportano anche la formazione di composti secondari considerati pericolosi per l’uomo. Nel caso dell’impiego di ipoclorito di sodio come ossidante, si assiste alla formazione di trialometani (Thm), sostanze per cui la legge prevede un limite massimo pari a 30 microgrammi/litro».

Limite che nel caso di Osilo viene puntualmente superato. Ma in attesa delle piogge e del miglioramento dell’acqua in partenza, Nello Sanna dà qualche consiglio che potrebbe contribuire ad attenuare i disagi: «La prolungata bollitura di un’acqua di dubbia purezza microbiologica permette, ove essa sia chimicamente pura, di poterla usare per la preparazione di alimenti. Anche l’uso di sistemi domestici di trattamento delle acque (quali l’osmosi inversa o, più semplicemente, le cosiddette “caraffe filtranti”) permettono di migliorare le qualità sensoriali, microbiologiche e chimiche». Seppure «l’incondizionata fruibilità dell’acqua proveniente dalla rete di distribuzione si potrà realizzare solo ed esclusivamente al termine della situazione emergenziale, ossia non prima del rilascio dell’ordinanza di revoca da parte del sindaco di Osilo». 

Primo Piano
Cronaca

Momenti di tensione in municipio: uomo minaccia il sindaco con un coltello. Arrestato

Le nostre iniziative