La Nuova Sardegna

Il thriller di Mancosu: uno 007 filosofo sulle tracce della Lara di “Dottor Zivago”

di Giacomo Mameli
Il thriller di Mancosu: uno 007 filosofo sulle tracce della Lara di “Dottor Zivago”

Il docente sardo a Berkeley svela i segreti del capolavoro da Nobel di Pasternak 

05 maggio 2020
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Dopo il successo del 2015 “Živago nella tempesta”, Paolo Mancosu raddoppia. Giovedì 7 maggio, sempre per Feltrinelli, con documenti inediti scovati da uno 007 che fruga tra i misteri di Cia, Kgb e le intelligence di altri venti Paesi, esce “Pasternak e Ivinskaya. Il viaggio segreto di Živago”. Un thriller storico-politico-letterario che certifica come i rubli di Giangiacomo Feltrinelli per quel libro-capolavoro sui Gulag siano serviti al Kgb per arrestare la bellissima Olga Ivinskaya che aveva ispirato il personaggio di Lara nel film con Omar Sharif e Julie Christie nel ruolo di Lara.

Un bel colpo per lo studioso nato a Sassari, vissuto a Oristano, professore di prima fascia all’Università della California a Berkeley e, per essere precisi, “Willis S. and Marion Slusser Professor of Philosophy”. Avviene a sessant’anni dalla morte di Pasternak che Feltrinelli rese famoso con 31 edizioni nel solo primo anno di pubblicazione (1957). Mancosu, 59 anni, risponde dalla sua casa di San Francisco. Ha definito il Dottor Živago «il caso politico-letterario più complesso del ventesimo secolo».

Lei filosofo com’è diventato investigatore?

«Mi sono avvicinato a Živago per puro caso. A fine 2011 avevo ripreso a studiare il russo e mi sono imbattuto in una copia in russo del “Dottor Živago” comprata a un prezzo molto ragionevole. Ho poi scoperto che avevo acquistato un’edizione molto rara che valeva molto. La vera scoperta è stata aver appreso le circostanze di come “Il Dottor Živago” fosse stato pubblicato in prima mondiale per Feltrinelli nel 1957. Ho iniziato a leggere sull’argomento e mi sono reso conto che avevo di fronte una storia in gran parte inesplorata e di grandissima importanza. L’ho definita il caso politico letterario più complesso del ventesimo secolo per il semplice fatto che la pubblicazione del “Dottor Živago” coinvolge Stati, servizi segreti (in primis Kgb e Cia), spie, e una quantità enorme di personaggi. Ci son volute mille pagine (400 del primo libro e 600 del libro in uscita) per studiare, utilizzando oltre venti archivi in tre continenti e materiali in otto lingue, i risvolti di una storia in cui la realtà supera la fantasia».

Come definirebbe Sergio D’Angelo? E quale ruolo ha avuto GianGiacomo Feltrinelli?

«D’Angelo era un giornalista iscritto Pci, dal marzo del 1956 lavorava a Radio Mosca e fungeva da talent scout per la giovane casa editrice Feltrinelli. Giangiacomo gli aveva chiesto di informarlo sulle possibili novità letterarie che, nell’atmosfera del disgelo, si andavano pubblicando in Unione Sovietica. A fine aprile 1956 d’Angelo legge su un bollettino interno di Radio Mosca che Pasternak ha appena finito un romanzo, “Il Dottor Živago”, che sarebbe uscito entro poco tempo. Passa l’informazione a Feltrinelli che gli chiede di procurarsi una copia delle bozze o il manoscritto. Fu così che il 20 maggio 1956 d’Angelo va a trovare Pasternak e riparte con una copia del dattiloscritto del romanzo sotto braccio. D’Angelo passa il romanzo a Feltrinelli. Inizia così la vicenda internazionale della pubblicazione. Feltrinelli, che era iscritto al Pci e lo finanziava, ebbe un ruolo fondamentale perché pubblicò il romanzo di Pasternak nonostante le pressioni che il Pci e il Pcus esercitavano su di lui per sospendere la pubblicazione. È un momento storico determinante legato all’insurrezione ungherese del novembre 1956 e alla sanguinosa repressione sovietica. Per queste pressioni Feltrinelli non rinnovò la tessera Pci. Il romanzo uscì il 22 novembre 1957».

Può essere definito un genio o un diavolo del male Aleksei Surkov, il segretario dell’Unione degli scrittori sovietici, il russo che va a casa Feltrinelli?

«Forse né l’uno né l’altro. Surkov, segretario generale della potente Unione degli scrittori sovietici, è un tipico ibrido di scrittore/burocrate al servizio dell’ideologia. Considera Pasternak il suo arcinemico personale e si presta a tutte le manovre nell’intento di portare alla condanna di Pasternak come nemico ideologico dell’Urss e alla censura del romanzo in Urss e in occidente. Nel disperato tentativo di bloccare la pubblicazione del romanzo in Italia e in Occidente, si presenta da Feltrinelli a Milano nell’ottobre 1957 sventolando telegrammi di Pasternak che chiedevano la sospensione della pubblicazione del romanzo. Ma Feltrinelli e Pasternak avevano un accordo: tutti i messaggi che non fossero scritti in francese andavano considerati non validi. I telegrammi erano in russo, Feltrinelli sapeva che erano stati estorti con la forza. Feltrinelli poteva così rispondere a Surkov che sapeva benissimo come si potevano ottenere documenti del genere».

Olga Ivinskaja. Quanto si deve a lei nell’aver potuto leggere Pasternak?

«È sempre difficile quantificare il ruolo che una persona effettivamente esistita può giocare nella creazione letteraria. Ma Pasternak certamente sosteneva che Olga fosse il modello di Lara, l’eroina del romanzo. La storia di Olga è tragica. Lei, con la figlia Irina, finisce per pagare, dopo la morte dello scrittore, con anni di campo di lavoro forzato le conseguenze dello scontro tra Pasternak e le istituzioni sovietiche».

Domanda vietata: chi è il suo informatore segreto? O è la curiosità di un sardo dei due mondi che lascia Platone e Kant e fruga in archivi blindati?

«Sono curioso per natura. Sul muro di fronte alla mia scrivania ho una riproduzione in miniatura di una scultura medievale: mostra due volti seminascosti da un velo il cui titolo è “I curiosi”. Ho avuto buon fiuto, ho capito che le peripezie internazionali legate alla pubblicazione del Dottor Živago meritavano di essere raccontate. Niente informatori segreti, mi ha facilitato la ricerca e in primo luogo Carlo Feltrinelli, che mi ha dato accesso agli archivi della sua casa editrice».

Se oggi ci fosse un altro Pasternak, e ce ne sono, che vita avrebbe con Vladimir Putin, zar del ventesimo secolo?

«Lo scontro tra letteratura e potere è sempre attuale specialmente nei regimi autocratici. Le forme in cui si attualizza lo scontro cambiano. Oggi danno più fastidio i giornalisti investigativi che i romanzieri. Basta guardare a cos’è successo negli ultimi trent’anni di storia russa».

Racconterà Pasternak in qualche località sarda. Col libro precedente, nella piazza della biblioteca a Perdasdefogu, aveva calamitato quattrocento uditori.

«Lo spero. Partecipo sempre volentieri. Ho partecipato nel passato a varie manifestazioni letterarie, incluse Perdasdefogu e Bauladu».

Progetti dopo Pasternak?

«Il lavoro su Pasternak (ci sono dietro da dieci anni) è stato un percorso parallelo a quello della mia normale attività di ricerca in logica e filosofia della matematica. Devo finire alcuni progetti in cantiere da tempo, che mi prendo molto tempo. Il più pressante è un libro di teoria della dimostrazione da consegnare alla Oxford University Press alla fine del prossimo agosto. Poi si vedrà. Ma un’avventura come questa con Pasternak capita una sola volta nella vita».

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