La Nuova Sardegna

Nuoro

La storia

Dalla Barbagia all’Interpol per collegare le polizie europee

di Valeria Gianoglio
Dalla Barbagia all’Interpol per collegare le polizie europee

L’avventura professionale dell’esperto di reti e sicurezza informatica, Gianstefano Monni. Dalla Corte internazionale dell’Aia a Lione

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Nuoro «Cosa faccio di lavoro? Roba di computer». Quando deve spiegare a una delle tante affettuose “tziedde” nuoresi poco avvezze alle moderne tecnologie, come guadagni da vivere, in genere, Gianstefano Monni e la sua autoironia, decidono di tagliare corto. Ma in realtà, nel mezzo di un curriculum sterminato, il suo attuale incarico e professione potrebbe, tutto sommato, essere riassunto in pochi termini: da due anni, infatti, dirige il gruppo di ingegneri dei sistemi informativi dell’Interpol, nella sede centrale di Lione. Unico nuorese tra tutti i 1272 dipendenti tra la Francia e Singapore, con solo un altro sardo a far parte del gruppone. «In sostanza – spiega – progetto soluzioni per collegare in senso logico le forze di polizia dei 195 Stati membri dell’Interpol. Il team che gestisco si occupa di creare soluzioni per le forze di polizia di tutto il mondo. Ad esempio crea un sistema di condivisione delle informazioni sulle armi rubate, o per condividere le informazioni sui crimini che colpiscono i bambini, per rendere il servizio di law enforcement può efficace, affidabile e veloce». «In poche parole – aggiunge, ridendo – faccio cose, vedo gente».

E non gli manca davvero la voglia di prendersi in giro, insomma, a Gianstefano Monni, come spesso, del resto, succede alle menti più brillanti. Ma la sua storia personale, in realtà, è fatta di esperienze di lavoro serissime, incarichi prestigiosi, e tante esperienze all’estero. 
Cinquantadue anni, nuorese di nascita ma genitori dorgalesi – Giacomo e Lucia Fancello – giovinezza trascorsa tra i cortili vicino all’Agrario e le aule del liceo Scientico Fermi. E i primi “incarichi” importanti nel mondo del digitale e dei pc – come confermano i suoi amici di sempre – quando l’allora parroco del Sacro Cuore, don Giovannino Puggioni, gli aveva chiesto una mano per informatizzare l’archivio parrocchiale con tutti i sacramenti impartiti. Poi gli anni di Ingegneria informatica al Politecnico di Torino, e la laurea con una tesi sulle reti “software defined”, prima del ritorno in Sardegna. Ma il rientro nell’Isola, per Gianstefano Monni, è stata solo una parentesi, anche se ricchissima di nuove avventure professionali: dal lavoro di ricercatore al Crs4 di Cagliari all’Ailun di Nuoro. 
E ancora consulenze per enti pubblici e aziende, sempre come esperto di digitalizzazione dei processi e nello sviluppo di soluzioni avanzate per la sicurezza delle reti. Una competenza sterminata che nel 2013 lo ha proiettato a un altro incarico prestigioso e a varcare di nuovo i confini dell’Isola: fino alla Corte penale internazionale dell’Aia, dove ha guidato la “migrazione” della rete e dell’intera infrastruttura nella nuova sede. E subito dopo in Irlanda, dove si è occupato sempre della sicurezza delle reti anche per la Zurich insurance. Finisce lì? Manco per niente: perché nel frattempo Gianstefano Monni deposita pure quattro brevetti internazionali legati alla sicurezza informatica, che introducono grosse innovazioni in settori chiave come la gestione intelligente delle politiche di sicurezza di rete. 
E infine l’ultima grande sfida, in ordine temporale: l’avventura all’Interpol. Dal 2023 guida l’ufficio di ingegneria, coordina progetti strategici in cybersecurity e non solo: si occupa, insomma, di progettare soluzioni per collegare le forze di polizia di tutti i 195 Stati membri dell’Interpol. Tanti anni di lavoro per i quali ha lasciato l’adorata Sardegna e insieme alla moglie Maria Francesca Pau e a due bei gattoni lo ha fatto come scelta precisa e per diverse ragioni. «Nel 2014 – spiega – in Sardegna avevo raggiunto un punto in cui era impossibile crescere ulteriormente, e lavorare da autonomo nell’Isola era diventato impossibile per molte ragioni. E poi mi aveva chiamato il tribunale internazionale e il caso ha voluto che avessero bisogno proprio delle competenze che avevo acquisito nei due anni precedenti». 
E ciò che davvero per lui ha fatto la differenza, nel lavoro all’estero, sta nel fatto «che se non ti piace quello fai puoi sempre cambiare. Ogni ruolo che ho assunto era quello che in Italia sarebbe stato un contratto a tempo indeterminato, ma la voglia di crescere e laroutine mi hanno sempre spinto a cercare, e accettare, ruoli diversi e ripartire in contesti completamente diversi». 
«Della Sardegna? – dice – mi manca tutto o quasi, ma la Sardegna sta sempre lì. Non siamo alberi, ma le radici sono sempre quelle e ce le portiamo dietro ovunque. Sono dentro di noi e il legame lo senti ancora più forte quando sei lontano. Ma, detto questo, soprattutto in certe professioni e per certe opportunità devi comunque imparare a convivere col fatto che se vuoi avere certe occasioni devi uscire e accettare le sfide. Poi, se ci sono i voli, puoi sempre tornare. In Sardegna bisognerebbe garantire a tutti e per tutti che restare, partire o tornare, siano scelte fatte liberamente, e non imposte perché non hai alternative».

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