La Nuova Sardegna

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La strage delle donne, una lunga scia di sangue e di dolore

di Silvia Sanna
La strage delle donne, una lunga scia di sangue e di dolore

Una catena di femminicidi che non si vuole arrestare. Le storie delle vittime, prigioniere di rapporti malati

24 novembre 2023
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Uccise perché volevano vivere. Perché si erano chiuse una porta alle spalle e ne avevano aperta un’altra. Uccise perché erano diventate “scomode”, perché non accettavano più di essere maltrattate. Uccise solo perché esistevano e rappresentavano un ostacolo da eliminare. Uccise e uccisi per difendere le persone che amavano: come Mirko Farci, l’unico volto maschile in questa carrellata di donne strappate alla vita. Anche Mirko è vittima di un femminicidio tentato: quello della madre Paola Piras, aggredita in piena notte nella sua casa a Tortolì dall’ex compagno armato di coltello. Paola è ancora viva, il suo Mirko non c’è più. Aveva 19 anni, era l’11 maggio del 2021.

Due anni dopo, a Silì, minuscola frazione di Oristano, l’ultima vittima in Sardegna: Chiara Carta, 14 anni, poco più che una bambina, uccisa dalla sua mamma, la persona che più di tutti l’avrebbe dovuta proteggere. Chiara era appena rientrata da scuola, i vicini sentirono le urla, subito dopo il silenzio. Chiara, la vittima più giovane tra quelle riportate in queste pagine: 32 facce, 32 vite interrotte. Ed è solo una minima parte, perché i femminicidi nell’isola sono stati purtroppo molti di più.

A 35 anni anni fa risale il primo che abbiamo scelto di ricordare. Ed è anche uno dei pochissimi casi irrisolti. Lei si chiamava Alina Cossu, aveva 21 anni, fu uccisa la notte del 10 settembre 1988: il suo corpo venne ritrovato tra le rocce di Abbacurrente, vicino a Platamona. Indagini chiuse e riaperte più volte, ma il suo assassino non ha ancora un nome.

Un anno dopo, un altro cadavere, un’altra ragazzina: è Gisella Orrù, 16 anni, violentata più volte prima di essere gettata nuda in un pozzo nel Sulcis. Crudeltà insensata che suscitò uno sdegno immenso. Molto simile a quello che fu provocato qualche anno dopo, nel 1996, dall’assassinio di Vicki Danji. Anche lei giovanissima, poco più che ventenne, venne uccisa a Platamona, vicino a Sassari, e decapitata. La sua testa venne ritrovata sul ciglio della strada statale.

Anche i primi anni Duemila furono terribili. Due dottoresse furono uccise a un anno di distanza l’una dall’altra: nel 2002 Monica Moretti nel suo appartamento a Sassari, dove l’assassino – che si era invaghito di lei e la perseguitava – si era nascosto nella camera da letto. L’anno dopo Roberta Zedda, dottoressa della guardia medica di Solarussa, tentò disperatamente di difendersi dall’uomo che voleva violentarla e poi la uccise.

La cronaca dei femminicidi si sposta subito dopo in Gallura, con il delitto di Elisabetta Naddeo a Tempio, e quello, qualche anno dopo ad Azzanì, frazione di Loiri: a perdere la vita per mano del compagno che voleva lasciare fu Isabelle Vandelle. Anche Dina Dore, ma si scoprirà solo molto dopo, voleva lasciare il marito Francesco Rocca. Lui, che aveva una relazione con un’altra donna, la fece uccidere pagando un ragazzino di 16 anni appena. Era il 26 marzo del 2008. Solo cinque anni dopo la famiglia di Dina e l’intera comunità di Gavoi, il suo paese, scoprirono la verità.

Furono molto più veloci le indagini che portarono a individuare il responsabile della morte di Orsola Serra, insegnante all’Alberghiero di Sassari, uccisa nel suo appartamento ad Alghero. Il suo assassino, un uomo con cui aveva avuto una relazione, è stato condannato all’ergastolo. Marta Deligia, 27 anni, di Villacidro, il suo compagno lo aveva lasciato perché non stava più bene con lui: era geloso, possessivo, opprimente. Ma lui non accettava la separazione. Una sera le tese un tranello, la fece salire sull’auto e la uccise. Girò a lungo senza meta con il cadavere di Marta adagiato sul sedile.

Anche per Anna Doppiu, di Sassari si rivelò fatale la scelta di separarsi dal marito: la sera stessa in cui la uccise, era andata dall’avvocato. Lui la cosparse di benzina e le diede fuoco: era il 2016, novembre. Un anno dopo, l’ex marito di Federica Madau chiuse in una stanza dell’appartamento le due figlie, molto piccole, prima di massacrare la loro mamma. Aveva attirato Federica con una scusa, le telecamere sulla strada di Iglesias dove l’uomo abitava avevano ripreso la ragazza mentre a passo svelto andava a prendere le bambine.

In quello stesso anno, d’estate, l’ennesimo femminicidio: la vittima si chiamava Erika Preti, aveva 27 anni ed era di Biella. Era venuta in Sardegna in vacanza con il suo fidanzato Dimitri Fricano. Stavano a Lu Fraili, frazione di San Teodoro. Quella mattina di giugno si preparavano per andare in gita a Tavolara. Nacque una discussione e lui la colpì più volte con un coltello da cucina: 57 coltellate, la maggior parte delle quali inferte quando Erika era già morta. Poche settimane fa della vicenda di Erika si è parlato di nuovo perché Fricano – condannato a 30 anni – è stato scarcerato e mandato ai domiciliari perché gravemente obeso. La decisione del giudice ha suscitato l’indignazione dei genitori di Erika e delle tante persone che le volevano bene.

Dopo questo femminicidio, un’altra lunga serie. Nel 2018 Michela Fiori, madre di due bambini, viene uccisa nella sua casa ad Alghero: l’assassino è il suo ex compagno, incapace di accettare che la donna non lo volesse più. Un copione che si ripete più volte. Come l’anno dopo a Nuoro: l’ennesima vittima di chiama Romina Meloni, l’assassino è il suo ex marito che le spara appena apre la porta di casa.

Ecco poi le storie tristissime di Speranza Ponti e di Zdenka Krejcikova. La prima fu uccisa ad Alghero e il corpo ritrovato solo dopo alcuni mesi in una discarica lungo la strada per Villanova. Il suo compagno aveva fatto credere che la donna l’aveva lasciato ed era sparita, per essere più convincente mandava messaggi dal suo telefono, in alcuni la “donna” scriveva di trovarsi a Barcellona e rassicurava i familiari. Che quasi subito però iniziarono a dubitare dell’uomo. Per Zdenka invece, nessun giallo: il suo compagno la ferì a morte in un bar di Sorso davanti alle sue due bambine. Poi la portò agonizzante a casa di un amico a Ossi e lì la abbandonò. Lui per tutta la notte girò in auto con le bimbe sino a fermarsi nel parcheggio di un centro commerciale a Sassari, dove fu arrestato.

E così si arriva alla cronaca più recente, con il processo in corso a Sassari per il duplice omicidio Saladdino: Caterina Mancusa e il marito Basilio Saladdino furono uccisi a Porto Torres dall’ex genero che non accettava la fine della relazione con la figlia. Anche lei rimase ferita molto gravemente. E poi Chiara, la più piccola tra tutte queste donne sfortunate. Una scia di dolore ancora vivo per chi le ricorda con affetto e rimpianto.

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